A cura della Redazione Brexidol
Seguendo alcune raccomandazioni, gli esercizi di stretching si possono eseguire in autonomia, non solo in palestra, ma anche a casa, al termine di un training sportivo o come attività a sé stante per mantenersi in salute.
Per stretching si intende qualsiasi forma di esercizio fisico volta ad allungare/o flettere volontariamente un muscolo o un tendine con lo scopo di aumentarne l’elasticità e la flessibilità e migliorare al contempo la mobilità articolare.
Per eseguire correttamente gli esercizi di stretching è consigliabile affidarsi a un esperto, per esempio il fisioterapista, che conosca a fondo l’anatomia e la fisiologia dei muscoli. Lo stretching agisce infatti sull’interazione tra muscolo e tessuto connettivo; in particolare, durante lo stretching vengono attivati innanzitutto i fusi neuromuscolari, recettori che segnalano al sistema nervoso centrale lo stato di allungamento di un muscolo, in modo da innescare la reazione di contrazione.
Viceversa, gli organi di Golgi (piccole fibre nervose che si trovano a livello della congiunzione tra fasce muscolari e tendine) segnalano lo stato di contrazione muscolare, in modo da indurne l’allungamento.
Seguendo gli opportuni accorgimenti, lo stretching rappresenta un prezioso alleato per il mantenimento del benessere e per la prevenzione di infortuni muscolo-articolari; può essere praticato a tutte le età (come una sorta di ginnastica dolce) e, oltre che nella preparazione di un’attività sportiva e per aumentare la flessibilità di muscoli e tendini, i benefici dello stretching si possono osservare anche dal punto di vista posturale, dell’equilibrio e della prevenzione di disturbi articolari, muscolari e cardiocircolatori. Per capire però quale tipo di stretching effettuare, e come, è bene conoscere le diverse tipologie di allenamento esistenti.
È possibile distinguere due tipologie di stretching sulla base dei movimenti che vengono effettuati:
Si può poi parlare di:
Infine, esiste un approccio di stretching chiamato balistico, basato su movimenti di tipo ritmico e rimbalzante. Tuttavia è altamente specifico, nonché potenzialmente rischioso, per cui è consigliato solo a sportivi professionisti, seguiti da un esperto.
Da anni c’è un acceso dibattito riguardante i diversi tipi di stretching: c’è chi sostiene che uno stretching dinamico (con slanci, affondi, camminata dinamica), soprattutto se effettuato ad alta intensità, aumenti il rischio di infortuni muscolari. Altri invece ritengono che uno stretching statico, soprattutto se fatto per molto tempo e accompagnato da una respirazione errata, induca risultati opposti rispetto al rilassamento muscolare auspicato.
I dati più recenti sembrano indicare che non esiste una risposta univoca e che bisognerebbe scegliere il tipo di stretching sulla base dell’obiettivo che si vuole raggiungere, e sul momento in cui lo si fa. Per esempio, lo stretching dinamico, ad intensità media, è particolarmente indicato all’inizio di una pratica sportiva o di uno sforzo fisico intenso, perché rappresenta un efficace metodo di riscaldamento. Prima della prestazione (sia essa legata a uno sport o meno), invece, uno stretching statico – soprattutto se esagerato, cioè mantenendo il muscolo allungato più del dovuto – aumenta il rischio di incorrere in infortuni muscolari.
D’altro canto, lo stretching statico risulta perfetto per sciogliere le tensioni delle catene muscolari al termine di un workout o in caso sia stata assunta una postura errata (sia essa statica, per esempio quando rimaniamo seduti o in piedi, ma fermi, per molto tempo, oppure dinamica, cioè legata alla camminata); in tal caso si può fare una seduta di stretching indipendentemente dalla pratica di un’attività fisica, stabilendo una vera e propria routine da seguire con costanza e frequenza regolare, all’interno del proprio programma di allenamento: non a caso esercizi di questo tipo vengono spesso utilizzati anche nei corsi di yoga o di pilates.
È tuttavia cruciale, soprattutto in caso di situazioni sintomatiche (mal di schiena, dolore al collo ecc.), non improvvisare esercizi di stretching casuali, ma affidarsi al parere e ai consigli di un esperto in problematiche posturali (un ortopedico o un fisioterapista): il rischio, in caso contrario, è quello non solo di effettuare un’attività inutile, bensì di peggiorare il disturbo sottostante. È infatti importante capire quali distretti muscolari sono utilizzati troppo (e quindi risultano “accorciati”, da sottoporre a stretching) o troppo poco (e quindi sono “allungati”, e non hanno bisogno di stretching): il dolore percepito in una determinata zona, infatti, può essere dovuto a un gruppo muscolare “accorciato” situato in un’area anatomica diversa, che solo un occhio esperto riesce – grazie all’esame obiettivo, all’anamnesi e allo svolgimento di alcuni movimenti, attivi e passivi – ad identificare.
A prescindere dalla tipologia di stretching scelto, è importante seguire alcune semplici raccomandazioni affinché sia efficace e non comporti spiacevoli effetti collaterali. Una prima indicazione è legata alla respirazione, su cui bisogna porre molta attenzione. Diversi studi hanno infatti chiarito che, istintivamente, tendiamo a rilassare i muscoli nella fase di espirazione e contrarli nella fase di ispirazione: è quindi cruciale coordinare l’esercizio di stretching con le fasi della respirazione.
Una volta identificato il muscolo da esercitare, si applica la tecnica di stretching prescelta cercando una posizione che allunghi il gruppo muscolare (che quindi devo percepire come “attivo, al lavoro”), senza però superare mai la soglia del dolore. Una volta raggiunta la posizione, è bene mantenerla per almeno 20-30 secondi, altrimenti il guadagno in allungamento appena ottenuto non viene “consolidato”. Durante questo periodo di mantenimento non bisogna tuttavia spingere ulteriormente il limite dell’allungamento, cercando di forzare le tappe: il rischio infatti è quello di attivare i fusi muscolari, causando un riflesso di accorciamento del muscolo e vanificando così il lavoro svolto.
Inoltre, è bene curare sempre la tecnica con cui si svolgono gli esercizi e, se durante una sessione si avverte una contrazione eccessiva, che causa dolore, bisogna interrompere l’esercizio e, se necessario, l’intera seduta; il rischio è infatti quello di procurarsi una contrattura o, peggio, uno strappo o uno stiramento.
Da effettuare come riscaldamento all’inizio di un’attività fisica/sportiva (soprattutto per atleti che praticano corsa e altre attività con elevato coinvolgimento delle gambe).
Da effettuare in fase di rilassamento/defaticamento dopo attività fisiche/sportive ad alta intensità.
Da effettuare per prevenire/mitigare dolori muscolo articolari della schiena, del collo o delle spalle. Questi sono solo alcuni esempi, che possono essere integrati in modo da formare delle vere e proprie routine personalizzate, sulla base della propria condizione e delle proprie esigenze.
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